Lezioni Americane è stato lo spettacolo più bello della mia vita. Eravamo soli in scena, il Maestro Albertazzi e io. C’era solo una violoncellista, in un angolo del palcoscenico, ad accompagnarci e a sottolineare alcuni passaggi del testo.
Provammo tre giorni, in un teatrino di Roma, sotto lo sguardo divertito di Orlando Forioso, il regista dello spettacolo. Arrivai a Cremona per il debutto con “la memoria” appuntata con gli spilli, ma con una voglia di recitare mai sentita prima: “Non ti preoccupare, pensa a ciò che dici, il resto verrà da sé” – mi disse il Maestro dopo una prova per incoraggiarmi.
A Cremona ci accorgemmo che non era arrivato il teschio che serviva per il monologo “essere o non essere” che chiudeva lo spettacolo e allora, consapevoli che non ne avremo trovato facilmente uno, ci mettemmo in macchina, Albertazzi, Forioso, il produttore e io, e con “faccia tosta” ci presentammo all’istituto di anatomia patologica chiedendo col migliore dei nostri sorrisi: “Ci prestate un teschio? Debuttiamo stasera, ci serve per una scena, e se ci aiutate siete tutti invitati!”. Rise, il professore che ci aveva ricevuto, ci prestò il teschio e quella sera venne a teatro, “per riprenderlo” – disse con un sorriso largo, alla fine dello spettacolo.
Ne seguirono anni di repliche in tutta Italia, di avventure, di sedie aggiunte, di repliche aggiunte all’ultimo perché si era sparsa la voce che era uno spettacolo divertente e profondo, “leggero”, come sarebbe piaciuto a Calvino. Ogni tanto dalla galleria sentivamo la risata piena del caro Orlando e allora la cena dopo spettacolo diventava festa. Quando registrammo una replica per la Rai, a Milano, lo spettacolo era quasi completamente diverso da quello che aveva debuttato a Cremona: tra aggiunte, tagli e improvvisazioni ormai Lezioni era “il nostro spettacolo” per davvero e rispecchiava il bellissimo rapporto che si era creato tra noi e il pubblico.
Il Maestro è andato via il giorno del compleanno di Orlando, nel 2016: ricordo la sua disperazione quando lo chiamai per avvertirlo. Eravamo diventati una famiglia e quell’assenza ci avrebbe per sempre resi orfani. E pensare che solo il giorno prima il Maestro al telefono mi diceva: “Chiama Ercole: l’anno prossimo è Lezioni che voglio rifare. Non mi sono mai divertito tanto”.
Neanche noi, Maestro, neanche noi!
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