Provammo “Il Mercante di Venezia” durante le repliche di “Lezioni Americane”: come si faceva un tempo, nelle “compagnie di giro”, la mattina prove e la sera replica. Il Maestro ridacchiava sornione e alle prove non si presentava: “Vengo domani!”, ma l’indomani non veniva. Provammo senza di lui, fino quasi al debutto. Poi un pomeriggio venne in teatro, a sorpresa, salì sul palco e ci lasciò a bocca aperta: era perfetto, avrebbe potuto debuttare quella sera stessa. Montammo tutte le sue scene in un pomeriggio: quella “del processo”, l’unica che avevamo insieme, la costruimmo in poco meno di mezz’ora!
Feci Porzia, nel Mercante: il ruolo shakespeariano più impegnativo, credo, per un’attrice. Fanciulla innamorata, scaltra, intelligente, esperta della vita e degli esseri umani, è un personaggio “a tutto tondo” che richiede una preparazione tecnica ferrea e una tenuta rara: dice da sola un terzo delle parole del testo.
“Stefania ha il piglio di un’attrice inglese” – disse il Maestro di me, durante un’intervista. Innumerevoli i consigli che mi diede. Una sera, a cena mi disse: “è straordinaria la tua padronanza della dizione, dell’articolazione: non si perde una sillaba quando reciti. Peccato per quella vocale sbagliata!”
Oddio, quale vocale? Non volle dirmelo. Io che ho dovuto faticare tanto per parlare un italiano pulitissimo, senza inflessione, che alla dizione tengo tantissimo, non riuscii a dormire, quella notte. Dopo quindici giorni di ansia, sudore e spasimi per quella sola vocale che sbagliavo e non riuscivo a individuare, presi coraggio e bussai al suo camerino: “Scusa, Maestro, ma non ci dormo la notte! Ti prego, dimmi dove sbaglio!”. “Va bene, stasera, in scena, te lo faccio capire”.
Scena del processo. Dico: “A quanto ammonta il dèbito di Antonio?”. Il Maestro mi guarda e sorride. Eccolo l’errore! Una “e” aperta al posto di quella chiusa! Accidenti!
“Maestro, ma potevi anche dirmelo e basta e mi sarei ricordata!”
“No, avresti dimenticato. Vedrai che così non sbaglierai più”. Così è stato.
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